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Tesi in storia del teatro contemporaneo – Gianna Giachetti

Enviado por Gino Bosio


    PREMESSA

    La storia del Teatro italiano del Novecento, è ricca di artisti che talvolta ne sono stati, e ne sono, protagonisti per decenni, seguendo o determinandone i cambiamenti, le crisi, le evoluzioni. Personalità forti e determinate che col loro "mestiere" hanno scritto o contribuito a scrivere tale storia, grazie ad una carriera pluriennale e ad un lavoro costante. Tra questi nomi sicuramente ha un posto di rilievo l"attrice fiorentina Gianna Giachetti, artista che dalla fine degli anni Cinquanta calca le scene affrontando ruoli anche profondamente diversi da loro, appartenenti a grandi testi di autori italiani e stranieri , scegliendo un percorso di libertà che l"ha portata a cambiare Compagnia e ad accettare nuove sfide.

    Ricostruire la carriera artistica di Gianna Giachetti significa ripercorrere una strada a ritroso negli anni, nella quale incontriamo i maggiori registi, autori e attori del nostro teatro. Perfetta nei ruoli femminili della commedia goldoniana, riesce a misurarsi con i personaggi e le tematiche del dramma borghese di Cechov o di Strindberg, con la sottile psicologia dei testi di Pirandello e di Shakespeare.

    La sua carriera non riguarda tuttavia solo il teatro. L"attrice ha infatti partecipato con la sua esperienza recitativa in molti film, talvolta d"autore, ed ha instancabilmente lavorato anche in televisione e alla radio.

    Nata in una famiglia in cui già era presente l"amore per il teatro ed il cinema grazie alla figura del noto attore Fosco Giachetti1, cugino del padre di Gianna Giachetti, ben presto, in età adolescenziale, le si è manifestato il desiderio di calcare le scene, un sogno che ha finito per diventare un obiettivo preciso, perseguito con lo studio e l"impegno, durante anni di prove e di viaggi, di successi e difficoltà, speranze e delusioni, con coraggio, carattere e determinazione.

    La storia, in definitiva, di una grande attrice, con un ricco passato da raccontare, pronta ad affrontare un calendario di impegni nuovi e futuri.

    CAPITOLO PRIMO

    IL PERCORSO ARTISTICO DALL'ACCADEMIA ALLA DURA SCUOLA DEL PALCOSCENICO

    1.1 GLI STUDI E L'ESORDIO SULLA SCENA TEATRALE

    Gianna Giachetti nasce a Sesto Fiorentino il 24 luglio 1935 da Gino Giachetti e Albertina Gherardeschi. Suo padre lavora per molti anni come operaio nella fabbrica Richard Ginori di Sesto e suo fratello Romano1 sarà un noto giornalista e critico cinematografico. Visitando Sesto ci si accorge di quanto la famiglia Giachetti sia nota in questa cittadina alle porte di Firenze2. Camminando per le vie del centro, troviamo infatti una bella galleria intitolata a Fosco, costruita in omaggio all'attore sestese e al cinema. Inoltre, presso

    la Biblioteca pubblica "Ernesto Ragionieri" si trova la Fondazione Romano Giachetti, costituita da ben 5000 volumi di letteratura americana contemporanea in lingua originale appartenenti al giornalista e donati all'istituto dalla famiglia dopo la sua morte.

    Gianna Giachetti cresce quindi in un ambiente familiare in cui ha modelli di personalità forti e creative, tanto da stimolare la sua intelligenza artistica e la sua ambizione. All'età di quattordici anni partecipa con curiosità e gioia al suo primo spettacolo teatrale. Si tratta di un'esperienza che accende in lei la passione della recitazione.

    La commedia è Lo sbaglio di essere vivo di Aldo De Benedetti, con la regia di Dante Nello Carapelli, e la scena è quella del Selt Valdarno, oggi sede dell'Enel, in via del Sole a Firenze. La messa in scena piace molto al pubblico in sala, che la ripaga con generosi applausi. L'attrice recita anche con un gruppo che lavora su testi contemporanei, "L'affratellamento", diretto da Ghigo Pratesi, attivo presso i Festival delle Filodrammatiche.

    La giovane attrice, spronata dall'amico e attore Beppe Menegatti, decide di iscriversi all'Accademia d'arte drammatica "Silvio D'Amico" 3 di Roma. Si diploma nel 1957 insieme ad artisti che diverranno grandi protagonisti del nostro teatro e cinema come Giuliana Lojodice, Ferruccio Soleri, Gian Maria Volontè, Umberto Orsini, Mario Missiroli.

    Inizia per lei un duro percorso di formazione, siamo alla fine degli anni Cinquanta ed il teatro italiano si caratterizza per un ricco fermento di idee e la voglia di cambiamento. La diminuzione degli spettatori registrata in questi anni è causata dalla concorrenza di cinema e televisione, che nel 1954 dà il via alle trasmissioni ufficiali, ma anche da una crisi più profonda. La lotta contro gli episodi di censura, la crisi delle compagnie minori, la presenza di un teatro chiuso e vecchio come quello ufficiale, portano alla nascita di un tentativo di innovazione e di rivolta attraverso alcuni registi come Giorgio Strehler, Dario Fo, Luigi Squarzina, Ugo Betti, i quali lavorano per un teatro caratterizzato dall'impegno culturale e politico-sociale4.

    In questo panorama ricco e complesso inizia il percorso di attrice di Gianna Giachetti, che già in età giovanile recita sotto la direzione artistica di grandi registi. E' interessante notare quanto ogni sua interpretazione sia un passo avanti lungo una strada coerente di seria formazione professionale, attraverso esperienze in rappresentazioni teatrali di alto livello di cast e di regia.

    1.2 ORAZIO COSTA MAESTRO E REGISTA

    Gianna Giachetti apprende i primi insegnamenti all'Accademia da importanti maestri, tra i quali ricordiamo Wanda Capodaglio, Ione Morino, Elma Criner, Sergio Tofano, Giorgio Bassani, Niccolò Gallo, e da un regista e attore tra i massimi esponenti del teatro italiano come Orazio Costa 5, insegnante e teorico del teatro che diffonde un suo metodo di insegnamento per la formazione dell'attore che diverrà una teoria generale del teatro, in Italia e non solo, sulla quale si basa l'Accademia d'arte drammatica di Roma fino al 19766.

    Nella concezione di Orazio Costa l'attore è importante, ma deve rimanere coerente rispetto al testo e all'autore del testo, e tutti gli elementi devono trovare la loro unità sotto la guida del regista, che svolge un ruolo fondamentale di natura etica e di armonizzazione dello spettacolo, non solo in senso coreografico, senza limitarne l'originalità stilistica. Il suo insegnamento si colloca nell'ambito dei tentativi di aggiornamento del teatro italiano, impediti da una tradizione che risale alla fine dell'Ottocento, ferma al dominio dei grandi "mattatori", attori sulla cui recitazione si basava l'intero spettacolo, fino alla fondazione dell'Accademia d'arte drammatica di D'Amico, nella quale si va formando un nuovo tipo di attore, che pur conservando indiscusse grandi qualità, permette la concezione di uno spettacolo che trova nella figura del regista il momento di coesione di tutti gli elementi7.

    L'attrice recita durante gli anni dell'Accademia in alcuni importanti allestimenti di Orazio Costa, confrontandosi con il rigore di una regia di forte tensione spirituale, permeata da una concezione di sacralità del teatro che contraddistingue la scuola del regista. Il 30 marzo 1956 l'allieva Gianna Giachetti recita con successo nel ruolo principale della Madonna in Donna del Paradiso, Mistero della Natività, Passione e Resurrezione di Nostro Signore, testo tratto da laudi dei secoli XIII e XIV ad opera di Silvio D'Amico. L'evento è dedicato alla memoria di Silvio D' Amico, nel primo anniversario della sua scomparsa, e rappresenta per l'attrice un vero e proprio banco di prova, superato con grazia e capacità.

    Critiche positive e lodi per la sua interpretazione le giungono sia dai maestri dell'Accademia che dalla stampa:

    Fra i trentasei allievi dell'Accademia ha avuto modo di distinguersi Gianna Giachetti nella parte della Madonna. Questa giovane allieva si è rivelata una sicura promessa della nostra scena di prosa. In platea, un autorevole cugino della giovane attrice, Fosco Giachetti, era visibilmente commosso del successo della sua congiunta8.

    Nel mese di luglio dello stesso anno Orazio Costa mette in scena Liolà di Luigi Pirandello, per commemorare i 20 anni trascorsi dalla morte del drammaturgo e celebrare i primi 20 anni di attività dell'Accademia, e l'attrice vi recita nel ruolo di una giovane contadina. Poco più tardi interpreta una delle anime in L'angelo di Luigi Santucci, dramma diretto da Orazio Costa, con la regia di Mario Ferrero, che le dà l'occasione di conoscere l'attore Giorgio Albertazzi.

    Il saggio finale dell'Accademia, il 27 marzo 1957, è Nostra Dea9, di Massimo Bontempelli , piéce complessa e metateatrale, nella quale l'attrice recita nel ruolo difficile e principale di Dea, diretta da una giovane regista ex allieva dell'Accademia. Gianna Giachetti interpreta un personaggio che cambia carattere e atteggiamento in funzione dell'abito che indossa, ruolo che la fa distinguere per la capacità e il coraggio con il quale affronta la prova. L'attrice scopre sorpresa di suscitare, con la sua interpretazione di Dea, la risata del pubblico e riceve meritati applausi e critiche positive:

    (…) Certo, diciamolo subito, c'è voluto un gran coraggio a scegliere «Nostra Dea» per una recita di allievi; si pensi, per raccontare in breve la trama, che la protagonista di questa commedia è una simpatica, bella giovane che cambia di carattere, di temperamento, a seconda del vestito che indossa.

    Un personaggio come si vede, che farebbe drizzare i capelli anche alla più esperta, alla più quotata delle attrici di prosa, una commedia che metterebbe nelle pettole il più bravo dei nostri registi. (…)

    Protagonista della commedia e della serata era Gianna Giachetti, allieva del terzo anno. La giovane Gianna, oltreché essere bella, ha anche della stoffa; se ci si permette fare un'osservazione (a carattere generale però: un difetto di tutti questi attori), è che gesticola troppo10.

    Finita l'esperienza di studio e formazione dell'Accademia, l'attrice inizia a lavorare nell'agosto del 1957, ed ottiene una piccola parte nel coro delle ancelle in Ifigenia in Tauride di Euripide, ancora con la regia di Orazio Costa e Mario Ferrero, accanto ad alcuni importanti attori come Lilla Brignone, Enrico Maria Salerno, Alberto Lupo.

    1.3 GLI ANNI ROMANI

    Legata alla sua città, Gianna Giachetti si trova a dover lasciare casa e famiglia per inseguire la sua passione e realizzare il percorso di attrice, e si trasferisce a Roma, dove reciterà nei primi importanti spettacoli. Nel 1958, a soli ventitre anni, è in scena con una commedia musicale, Lina ed il Cavaliere, occasione che la fa lavorare accanto a Franca Valeri, Vittorio Caprioli, Giuseppe Patroni Griffi in un genere che riscuote un buon successo di pubblico11. In questa occasione Gianna Giachetti interpreta una giovane "svanita" e provocante. Viene notata dal grande pubblico oltre che per la bellezza ed il fascino, per la capacità di vestire, all'interno di uno stesso spettacolo, ruoli diversi tra loro con disinvoltura e ironia.

    (…) Gianna Giachetti, autentica rivelazione dello spettacolo, ha spadroneggiato nei panni della Mina, a volte racchia a volte vamp a seconda della moda e delle operazioni di plastica non soltanto facciale. (…)12

    La stampa la definisce la giovane "pin up" della prosa:

    (…) Una giovane attrice, che per le sue doti fisiche potrebbe essere agevolmente inclusa nel novero delle «maggiorate», ha compiuto in questi giorni il suo ingresso ufficiale nel palcoscenico, e proviene dalla più severa e tradizionale delle scuole, dall'Accademia d'Arte Drammatica. E' Gianna Giachetti, è bruna, formosa. Ha gli occhi a mandorla, le caviglie sottilissime.

    Raul Radice e Orazio Costa, suoi maestri, l'hanno ritenuta degna di interpretare il difficile personaggio di «Nostra Dea» nella commedia omonima di Massimo Bontempelli. Questo personaggio trent'anni addietro portò fulmineamente al rango di prima attrice Marta Abba13.

    Sempre nel 1958 l'incontro con Luchino Visconti 14 , con la partecipazione al dramma familiare Veglia la mia casa, angelo, commedia americana tratta da un vecchio romanzo di Thomas Wolfe. Il Teatro è il Quirino di Roma e la Compagnia è quella di Lilla Brignone, attrice di grande esperienza, formatasi con registi come Giorgio Strehler e Luchino Visconti. La giovane Gianna Giachetti recita con lei ed altri bravi interpreti quali Adriana Asti , Corrado Pani, Tino Bianchi, e molti altri:

    (…) Luchino Visconti ha mosso con la consueta perizia un folto gruppo di interpreti, circa una ventina, via via animandoli sullo sfondo delle scene veristiche di Mario Garbuglia. Ed ha ottenuto effetti eccellenti in ognuno dei cinque quadri della commedia. (…)

    Applausi a scena aperta e alla fine di ogni quadro. Dopo l'ultimo, gli attori e il regista, sono stati calorosamente evocati più volte al proscenio15.

    Veglia la mia casa, angelo è un affresco di vita provinciale, vi si raccontano i conflitti familiari, la solitudine e l'incomprensione che talvolta vi regna, tanto da soffocare aspirazioni e creare incapacità di comunicazione tra genitori e figli:

    (…) Ambiente dispersivo e opprimente quello della famiglia Gant, dove ogni intimità di vita domestica è sacrificata alla convivenza con gli ospiti della Pensione Dixieland tenuta da Eliza Gant, una donna autoritaria e incomprensiva sempre rivolta a combinare affari vantaggiosi per l'avvenire economico della famiglia. (…)

    Sfrutta la figlia Helen, benché già maritata, servendosene come d'una domestica nel mandare avanti la pensione. (…)

    Ma Luchino Visconti è artista d'una intelligenza e d'una sensibilità alle quali non sfugge mai il motivo profondo d'un testo; e, pur avendo badato a rendere l'atmosfera confusionaria e opprimente della vita della pensione, la sua regia ha mirato fin da principio a farvi avvertire il sottinteso di quel conflitto, graduandone le rivelazioni, così che esso esplode con tanto maggior forza nel commovente finale.16

    Gianna Giachetti recita nel ruolo della figlia Helen, sposata ma nonostante questo sfruttata dalla madre egoista e autoritaria, che le fa svolgere il ruolo della domestica nella conduzione della pensione che lei stessa gestisce con grande senso affaristico. La commedia riscuote un buon successo di critica e di pubblico e rappresenta per l'attrice un notevole esercizio recitativo, guidata dalla regia equilibrata e sapiente di Visconti.

    (…) Tra gli altri interpreti ricordiamo Gianna Giachetti, piuttosto vera nella parte della figlia. (…) Di un gusto minuto e preciso le scene di Mario Garbuglia facevano America quanto le canzoni di Nino Rota. Quattro applausi a scena aperta, molte chiamate alla fine agli interpreti ed al regista17.

    Nel 1959 l'attrice, sempre a Roma, ottiene una parte che la fa apprezzare sia dal pubblico che dalla critica, in Le ragazze bruciate verdi, di Gian Paolo Callegari, con la regia di Daniele D'Anza. Il tema trattato fa discutere e, dopo i successi avuti all'estero, lo spettacolo incontra in Italia ostacoli e perplessità da parte della censura, poiché si ispira ad un fatto di cronaca, il cosiddetto "affare Montesi", che fa emergere il ritratto di una piccola-media borghesia priva di principi e moralità.

    Il 1959 rappresenta per l'attrice un' ottima scuola, nella capitale ottiene infatti un altro ruolo in una commedia di Alessandro De Stefani, Portava la maschera, con la regia di Giorgio Bandini. Gianna Giachetti recita accanto a Renzo Giovampietro, Carlo D' Angelo, Lia Zoppelli, in una piéce che ha come temi il tradimento coniugale, la gelosia, rappresentati in una atmosfera di sogno.

    Un' esperienza nuova che la porta dopo pochi mesi a confrontarsi con un grande attore di cinema, Ugo Tognazzi, stavolta impegnato sulle scene teatrali in Gog e Magog, riduzione di Gabriel Arout, al Teatro Quirino di Roma. La commedia, che ha le sue origini nel giallo poliziesco, si basa sul motivo antico del sosia e sullo sdoppiamento della personalità del protagonista, un Tognazzi timido e remissivo, amato e incoraggiato solo dalla moglie, una brava Gianna Giachetti, cui si sostituisce insinuandosi nelle sue azioni un "doppio" scaltro e immorale. La commedia, ricca di sorprese, misteri, e intrisa di risvolti psicologici, riscuote un buon successo, anche grazie all'interpretazione degli attori:

    Ugo Tognazzi è entrato con tanta discrezione nel personaggio del protagonista, ne ha disegnato lo sdoppiamento con mano così leggera e quasi timida, da dar l'impressione che egli si difendesse con una recitazione scolorita dal sospetto di voler portare sulla scena di prosa le forzature comiche dell'attore di rivista. (…)

    Gianna Giachetti (la moglie), Antonella Steni (la suocera), Mico Cundari (l'Ispettore), col Severini e il Carloni, hanno contribuito al successo dello spettacolo che ha procurato numerose chiamate a Tognazzi e ai suoi collaboratori18.

    1.4 L'ATTRICE AI TEATRI STABILI DI GENOVA E TORINO

    Negli anni 1960-63 alcuni importanti teatri diventano Stabili; tra i maggiori vi sono quelli delle tre città industriali Genova, Milano e Torino. Il problema che si presenta è la forte ingerenza degli organi centrali dello Stato sulla produzione degli Stabili, attraverso l'arma delle sovvenzioni pubbliche.

    Da un lato il teatro ha bisogno dei fondi, dall'altro rischia una limitazione di libertà espressiva a causa del controllo statale. Tuttavia il miglior teatro di regia sta continuando nel suo percorso, nonostante i limiti imposti dalla burocrazia politica19.

    L'impegno di Gianna Giachetti continua nei due importanti Teatri Stabili di Genova e Torino, dove la direzione artistica rispettivamente di Luigi Squarzina20 e Gianfranco De Bosio21, conduce la prosa a eccellenti risultati.

    Nel febbraio 1961 a Genova l'attrice recita in Uomo e Superuomo di George Bernard Shaw, nella Compagnia di Alberto Lionello, diretta da Luigi Squarzina. Il tema trattato dall'autore è quello del (…) Superuomo come prodotto, motore e guida della Forza Vitale della quale la donna è soltanto la parte ostinatamente riproduttiva, e la rappresentazione del mito di Don Giovanni portato ai nostri tempi, e naturalmente capovolto nel personaggio di John Tanner catturato dalla donna malgrado le sue continue fughe.22

    Il regista mette in scena il testo di Shaw in modo eccellente, la bellezza della scenografia di Pier Luigi Pizzi e la buona recitazione di Alberto Lionello e degli altri attori, sono elementi vincenti di uno spettacolo riuscito.

    Nel settembre dello stesso anno Gianna Giachetti incontra il regista Gianfranco De Bosio e inizia un periodo di lavoro intenso sotto la sua direzione artistica, al Teatro Stabile di Torino. La prima esperienza con questa regia è La resistibile ascesa di Arturo Ui di Bertolt Brecht, un dramma nel quale i temi sociali e politici cari all'autore, emergono nel personaggio di Arturo Ui, impersonato da Franco Parenti 23 , attore e regista che sarà compagno di teatro e di vita dell'attrice in questi anni importanti. Il testo viene portato in scena da De Bosio in modo efficace e la stessa Gianna Giachetti riceve meritati applausi insieme agli altri attori, tra i quali emergono oltre a Franco Parenti , Mimmo Craig e Adriana Asti: (…) Di sinceri impeti Adriana Asti, e fortemente drammatica Gianna Giachetti

    Duane nelle gramaglie della vedova di Dollfuss. Successo caloroso24.

    Il dramma viene messo in scena nell'ambito di un corso di rappresentazioni che comprende La Moscheta di Ruzante e La cameriera brillante di Goldoni. Per Gianna Giachetti lavorare in questi importanti allestimenti di Gianfranco De Bosio, significa misurarsi con tre fondamentali autori del teatro italiano.

    La Moscheta, ovvero la commedia del parlar fino di Angelo Beolco detto Ruzante, drammaturgo rinascimentale padovano riscoperto a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, viene rappresentata più volte 25 da Gianfranco De Bosio, che compie un approfondito studio trentennale sull'autore. L'attrice è chiamata a recitare nell'applaudita edizione del 1962, in scena in Italia ed in tournèe a Barcellona e Madrid.

    (…) La nuova edizione della Moscheta è molto bella. Nella pesante scena di Scandella, giustamente pesante come la sorvegliata parlata dei personaggi, la vicenda di quel povero essere che è Ruzzante di fronte alla bella moglie e ai suoi amanti si svolge con una misura stilistica ineccepibile. Soltanto il bravissimo Parenti ha dato a Ruzzante qualcosa in più del necessario. Cioè la volontà e la determinazione, che a tratti sono risultate evidenti, hanno reso il personaggio uomo forte, il che è contrario alla sua realtà. Ma al di fuori di questa osservazione Parenti non è che da elogiare nel suo continuo progredire. Con lui sono stati applauditissimi il divertentissimo Esposito, l'impetuosa Gianna Giachetti, il sorprendente Zernitz, e il simpaticissimo Cavalieri26.

    Al Festival Latino di Barcellona, Gianna Giachetti riceve il premio come migliore attrice, per la recitazione nel ruolo di Betìa, in dialetto patavino del 1500.

    L'esito fu appagante, al Festival del Teatro Latino a Barcellona (1962), dove la compagnia ottenne la maggior parte dei premi in palio, regia, interpretazione, allestimento: la proposta parve innovativa, la presenza del personaggio popolare al centro del discorso teatrale fu accolta con emozione dal pubblico catalano, ben attento allora a qualsiasi umore conformista.27

    Dopo Ruzante l'attrice incontra Carlo Goldoni, autore a lei caro, chiamata a recitare nel ruolo principale di Argentina ne La cameriera brillante, un personaggio furbo, allegro, cui Gianna Giachetti regala una grande energia ed una fresca comicità. Si tratta di una commedia scritta da Goldoni dopo la riforma da lui operata sul teatro, in un attimo di svago e di spasso, in quanto tale intreccio riprende quello classico e strutturale della commedia dell'arte28. Un buon successo di pubblico, una commedia riuscita con una Compagnia formata da attori come Franco Parenti, Sergio Tofano,

    Adriana Asti e naturalmente una ventiseienne Gianna Giachetti che vanta già una buona esperienza teatrale.

    Nel novembre del 1961 l'attrice va in scena sempre con la regia di De Bosio in Don Giovanni involontario di Vitaliano Brancati, commedia pervasa da un triste sarcasmo che impegna gli attori in una non facile interpretazione, e riscuote un tiepido successo di pubblico e di critica:

    (…) La bella commedia, che si crea sulle sillabe, è stata presentata in un'edizione variamente giudicabile. Mi è sembrato che questa volta il regista Gianfranco De Bosio non abbia trovato che a tratti la unitarietà dei toni della rappresentazione. (…)

    Nella bella e intelligente scena di Emanuele Luzzati (suoi anche i costumi) il protagonista Renzo Giovampietro ha dato un'altra prova delle sue attuali capacità. (…) Con lui sono da ricordare il bravo Franco Parenti, comico e patetico nella parte di Rosario Zappulla, giovane che non riesce con le donne; Gianna Giachetti, che deve stare attenta a non ripetere troppo lo stesso personaggio; Cecilia Sacchi, al suo debutto, e dobbiamo accogliere con piacere la sua prova totalmente positiva; la brava Giovanna Pellizzi, Isabella Riva così comunicativa, Annamaria Bottini, Cristiano Censi, Giulio Oppi, Mimmo Craig, Carla Parmeggiani29.

    L'attrice rimane fino alla fine del 1962 allo Stabile di Torino, e va in scena in novembre ne L'ufficiale reclutatore di George Farquhar, commedia del 1706 diretta da De Bosio e Parenti, che per certi aspetti di vita rusticana e per il suo divertire attraverso una satira politica e amara riporta l'attrice in un' atmosfera simile a quella creata da Ruzante. Lo spettacolo tuttavia non ottiene buoni risultati e gli stessi attori offrono interpretazioni non completamente convincenti:

    (…) La vicenda dell'Ufficiale reclutatore è tenue e tutt'altro che peregrina: i casi amorosi con i consueti dispetti, equivoci e travestimenti valgono a creare un arioso bozzetto di mondo contadino, tra il provinciale e il rusticano, con caratteri di ribalderia e di sanguigno colore locale che fanno venire in mente la tradizione italiana, non solo i comici dell'arte, ma i più acri Plauto e Ruzante. (…)

    Nel proporre sulla scena questa complessa visione del mondo la regia di Gianfranco De Bosio e Franco Parenti ha scelto una soluzione di compromesso. (…)

    Il compromesso, poi, ha messo gli attori di fronte a grosse difficoltà e non tutti sono stati sempre all'altezza della situazione che li voleva, secondo l'occasione, calati nel personaggio oppure in una posizione critica. Se Giulio Oppi, Osvaldo Ruggieri e Mimmo Craig (finalmente in una parte a lui congeniale di "Miles gloriosus") hanno fatto tutto molto bene e con agilità, Franco Parenti poteva essere più insinuante e meno caricaturale, Carla Gravina si è dimostrata, per quanto piena di buona volontà, ancora acerba, e Gianna Giachetti ha avuto risultati un po' monocordi30.

    1.5 LA BREVE STAGIONE AL TEATRO STABILE DI PALERMO

    Nel 1963 Franco Parenti assume l'incarico di Direttore del Teatro Stabile di Palermo, struttura che in questi anni collabora con lo Stabile di Torino in varie occasioni. La scelta di un artista completo e di un autore di ricerca come Parenti sembra rappresentare il tentativo della città e degli addetti ai lavori di superare i grandi problemi e gli ostacoli che incontra il teatro in quest'area, sia per lo scarso interesse degli stessi spettatori che per l'insufficiente volontà della classe politica31.

    Gianna Giachetti è chiamata a seguire il regista e attore, nelle nuove produzioni da lui allestite al Teatro Stabile di Palermo, bagaglio di nuove esperienze che l'attrice affronta con il consueto impegno e la passione per la recitazione che le dà la forza e l'entusiasmo di accettare nuove sfide. In cartellone vi sono Pirandello, Molière, Brancati. Vengono messi in scena due testi importanti, L'uomo, la bestia e la virtù di Luigi Pirandello, che offre l'occasione a Gianna Giachetti di recitare nel ruolo della Signora Perella, e J.B. di Archibald Mac Leish, precedentemente rappresentato e diretto dallo stesso Franco Parenti al Teatro Stabile di Torino.

    La stagione teatrale continua, il primo marzo 1964, con Don Giovanni di Molière, testo ambientato in Sicilia, rielaborato da Bertolt Brecht e diretto dallo svizzero Benno Besson, che aveva collaborato con Brecht alla riduzione e ne era stato il primo regista.

    Il Don Giovanni di Molière, immagino, lo conoscono tutti e tutti sanno che si tratta di un'opera scritta in fretta per ovviare, con la ripresa di un tema alla moda, a un'improvvisa carenza di repertorio determinata dalla proibizione di Tartuffe, e di un'opera maledetta come poche del repertorio classico: quindici repliche soltanto vivo l'autore e poi quasi più niente, anche in Francia, per tre secoli, sino alla famosa ripresa di Louis Jouvet del 1947. (…)

    Lo spettacolo accentua il carattere sostanzialmente irriverente dell'opera.

    Ogni personaggio viene tipicizzato in gesti e modi di parlare risolutamente caricaturali e ridotto alla dimensione unilaterale della macchietta. (…)32

    Lo spettacolo risulta tra i più interessanti della stagione, provocatorio e a tratti surreale, la Compagnia di attori, per la maggior parte giovani e alle prime esperienze, offre una buona prova ed un grande sforzo a livello organizzativo. (…)

    In questo senso è una serata indubbiamente provocatoria e spesso affascinante, anche se il risultato pratico non è sempre all'altezza delle intenzioni che lo hanno originato. Va tenuto presente che questa del Teatro Stabile di Palermo è una compagnia di giovani, alcuni dei quali salvo errore alle loro prime esperienze professionistiche, che devono talvolta supplire con la buona volontà a un'evidente immaturità di mezzi. Tra gli interpreti hanno fatto spicco Gigi Reder, Gianna Giachetti, Mino Bellei e soprattutto Franco Parenti. (…)33

    Ma nello stesso anno, proprio durante una replica a Cesena del Don Giovanni, Franco Parenti, Gianna Giachetti e gli altri attori della Compagnia apprendono la notizia dell'incendio che ha gravemente danneggiato la struttura del Teatro Bellini, l'ottocentesco teatro Carolino di Palermo, fatto grave che porta l'operazione di Teatro stabile condotta dallo stesso regista ad una forzata e prematura fine. Per molti anni si avrà un abbandono delle due strutture teatrali di Palermo, il Teatro Bellini e il Teatro Garibaldi, e si dovranno aspettare addirittura gli anni Novanta per la riapertura del cosiddetto "Ridotto" del Teatro Biondo Stabile.

    1.6 IN SCENA CON GIORGIO DE LULLO E ROMOLO VALLI

    L'incontro più importante, il sodalizio artistico e affettivo di maggiore intensità, Gianna Giachetti lo ebbe con Giorgio De Lullo34 e Romolo Valli35. L'attrice li ricorda e li racconta con grande emozione e rispetto, e a noi non resta che considerare quali grandi successi sono stati realizzati da questo felice incontro di grandi personalità del teatro, attraverso le esperienze della Compagnia dei Giovani al Teatro Eliseo di Roma, ed in seguito allo scioglimento della stessa.

    Nel 1965 le viene offerto da De Lullo il ruolo della bella Natascha in una importante edizione di Le tre sorelle di Anton Cechov, con i bei costumi e le scenografie di Pier Luigi Pizzi. Nel curare la regia Giorgio De Lullo si ispira alla memorabile edizione del 1955 di Luchino Visconti, nella quale aveva recitato nella parte di Tusenbach. Lo spettacolo, che vanta un cast d'eccezione ed una rilettura curata, riscuote il sincero e convinto applauso del pubblico e buone critiche.

    (…) In una commedia povera di accadimenti esteriori, ma ricca di un'atmosfera creata dall'azione interiore di molti personaggi nessuno dei quali ha una funzione di protagonista, tutti sullo stesso piano dai padroni di casa agli ospiti e ai due vecchi servitori, solo l'eccellenza d'ogni singolo recitante può far sì che quell'atmosfera si formi e si risolva in poesia. Questo è avvenuto e ne va resa ampia lode a Giorgio De Lullo regista che nella scelta degli interpreti è stato avveduto e li ha guidati in modo da portarne l'insieme a una rara perfezione. Quanto a De Lullo attore, che si era riservata la parte del fallito e tormentato Andrej, l'ha resa con una sensibilità che, nell'irrompere della pena nascosta, gli ha guadagnato un applauso a scena aperta. Le sorelle, di cui Elsa Albani era la buona e saggia Olga, Rossella Falk l'inquieta e dolorosa Mascia, Elena Cotta la dolce e delusa Irina, hanno formato un terzetto strettamente legato nella diversità dei caratteri, commovente nella sua aspirazione alla irraggiungibile Mosca. Stupendo Romolo Valli nel personaggio del colonnello Verscinin. Bella e odiosa Gianna Giachetti nella figura ottusa ed egoista di Natascia36.

    Uno spettacolo che tuttavia, secondo parte della critica, in alcuni momenti stenta a mantenere un eguale livello di intensità sia nei ritmi che nella qualità della recitazione, creando quel continuum che dovrebbe essere uno spettacolo riuscito di Cechov:

    Le Tre sorelle che ha messo in scena De Lullo all'Eliseo è un curioso spettacolo misto di rappresentazione e perorazione, di ottimismo e pessimismo, di tempo allegro e tempo crepuscolare, di commedia di atmosfera e commedia di carattere, di flusso continuo e di flusso interrotto, di pedanteria scenica e d'immaginazione scenografica. (…) De Lullo ha capito benissimo che occorreva dargli un ritmo alacre e quasi marziale senza per questo togliere nulla alla malinconia degli addii. Ma poi su quello sfondo di suoni e di richiami vediamo passare e ripassare l'affranto, fallitissimo Andrej che spinge la carrozzella del figlio con una mestizia degna della più convenzionale e risaputa delle commedie crepuscolari. (…)

    Di questi alti e bassi ha risentito la recitazione degli interpreti principali, almeno di alcuni di essi, Valli che era Versinin, la Albani che faceva Olga, la Giachetti che faceva Natalja, la Cotta che era Irina, Giuffrè che era Solenyl37.

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